venerdì 7 marzo 2014

Appunti morali II.: Prostituzione



(da "La Regione" del 7 marzo 2014)



Perché non dovrei poter vendere il mio corpo per offrire delle prestazioni sessuali, e perché un’altra persona non dovrebbe avere il diritto di usufruirne? 

Un vero amore, puro e incontaminato, direbbe qualcuno, non può essere comprato. Bisogna liberare il desiderio sessuale dai limiti troppo angusti che la tradizione cristiana e piccolo borghese ci ha imposto, sosterebbe qualcun altro, l’essenziale è il piacere, non la riproduzione della specie o della famiglia, e quindi ogni tanto concediamoci anche l’acquisto.

Ma essere pro o contro la prostituzione significa essere di destra o di sinistra, progressisti o conservatori? Si è a favore perché in fondo ognuno può fare con se stesso e con gli altri ciò che gli pare e piace, fino a quando non fa del male agli altri. Si è contrari perché la prostituzione non può essere rispettosa della dignità della persona, riducendola a oggetto e merce del desiderio e del denaro d’altri. E poi, personalmente, io “a puttane” non ci andrei mai, andarci è poco rispettoso anche nei miei confronti, che non voglio mica pagare per andare a letto con qualcuno, non ne ho bisogno e non fa parte del mio ideale di vita virtuosa. Ciò non significa però ancora che io voglia, da buon liberale, impedire agli altri di andarci, se reputano che per loro ciò possa essere una buona cosa.

Ma la prostituzione è immorale al punto da dovere essere resa illegale, o è comunque in qualche modo moralmente giustificabile? Sfatiamo innanzitutto il mito che la prostituzione sarebbe il mestiere più vecchio del mondo e quindi, essendoci sempre stata, non possa essere contrastata. Sorvoliamo l’annosa questione su come, all’inizio della storia dell’homo sapiens, all’interno di società dedite alla caccia e alla raccolta che non hanno ancora inventato l’agricoltura e la proprietà privata, delle persone abbiano potuto vendere il proprio corpo per offrire prestazioni sessuali. Rimarrebbe comunque ancora chi sosterebbe che “c’è (quasi) sempre stata e quindi non ha senso combatterla”. A questi esperti di morale sociale si potrebbe ricordare che utilizzano lo stesso assunto che veniva impiegato anni fa dagli schiavisti per giustificare la schiavitù e dai maschilisti per non concedere il voto alle donne.

Per capire da che parte stare proviamo invece a riflettere a partire dai seguenti esempi liberamente tratti dalla vita reale:
“Maria viene dal Sudamerica. Le avevano promesso che in Ticino avrebbe potuto svolgere una normale attività nell’ambito dell’economia domestica. Invece da quando è arrivata la costringono a prostituirsi, deve ripagare i debiti che ha contratto per andarsene e non può perdere la sua occasione di rimanere qui tra di noi.
Caterina viene dall’Est. A scuola è sempre stata brava, ma la disoccupazione giovanile nel suo paese non le permetteva di trovare un lavoro standard e mantenere la sua mamma bisognosa di cure. Così ha deciso di venire in Ticino a prostituirsi.
Giovanna, invece, è ticinese. È una ragazza bella e affascinante. Con il suo diploma di impiegata di commercio non potrà mai guadagnare la cifra che conquista facendo la escort negli alberghi cinque stelle tra Zurigo e Milano.
Paolo, per finire, è anche lui uno dei nostri, ma è un ragazzo goffo, bruttino, introverso al punto da non riuscire ad aprire bocca di fronte ad una ragazza. Ogni tanto va a far visita a Caterina, la sua ragazza dell’est preferita.”

È giusto o sbagliato permettere a una persona di vendere il proprio corpo?
Dove mettiamo il limite tra libertà e sfruttamento, e tra diritto a fare ciò che ci piace e dignità? Se per Maria anche i più agguerriti difensori della libertà individuale sarebbero d’accordo nel sostenere che non è giusto imporre a qualcuno di fare qualcosa contro la sua volontà, più ostico è il caso di Caterina. Caterina non è costretta a vendersi contro la sua volontà ed è libera di fare ciò che vuole fino a quando non fa del male agli altri, e lei, più che fare del male, fa del bene, si pensi solo al piacere di Paolo.

Non si possono però dimenticare le condizioni materiali e sociali di partenza che rendono la sua scelta un po’ meno libera della scelta di altre: se nel suo paese Caterina avesse potuto trovare un lavoro standard, probabilmente non sarebbe venuta in Ticino a vendersi a qualche ticinese più ricco di lei. Ragazze simili a lei nate in Ticino non farebbero il suo mestiere, e che colpa ha Caterina ad essere nata nel suo paese e non in Svizzera? Non le sarebbero garantite le pari opportunità.

I più strenui sostenitori dell’utilitarismo (neo)liberale potrebbero però ancora controbattere che sicuramente la situazione della ragazza non è fra le migliori, ma in ogni caso si tratta di una libera scelta, scelta che in più le permette di vivere meglio che non stando in disoccupazione a casa sua. Siamo realisti, la scelta di Caterina permette a lei di guadagnare bene, ai suoi clienti di provare piacere e a sua madre di ricevere i soldi per curarsi, una vera e propria massimizzazione dell’utile collettivo. Questa massimizzazione dell’utile trova il suo apice in persone come Giovanna: perché dovrebbe fare la segretaria guadagnando poche migliaia di franchi al mese se può raggiungere la stessa cifra in un paio di notti di duro ma piacevole mestiere?

Gli avversari del libero esercizio della prostituzione ribatterebbero però ancora che no, vendere il proprio corpo è contrario alla dignità della persona. Non si rispetta la propria integrità fisica riducendo se stessi a oggetto del desiderio altrui per denaro. Non si può fare ciò che ci pare e piace se ciò va contro il valore assoluto che vogliamo dare all’essere umano. Non per niente non tutta la pornografia, anche se portata avanti da persone adulte e consenzienti, è lecita, così come non posso “da vivo” scegliere liberamente di donare un mio organo per fare il bene di un’altra persona. Non posso neppure, come donna, portare liberamente avanti una gravidanza a favore di terzi, facendomi impiantare nel mio utero, tramite la fecondazione assistita, un embrione che non mi appartiene per partorire un figlio non mio.

Perché il sesso sì e altre pratiche no? La vendita del proprio corpo per offrire prestazioni sessuali è forse più rispettosa della propria integrità fisica della donazione di organi e della maternità surrogata? A rigor di logica i fautori della liberalizzazione della prostituzione non dovrebbero sostenere anche la liberalizzazione di queste altre pratiche? Probabilmente il sesso oggi ha meno valore e non è “sacro” quanto una gravidanza, la cui desacralizzazione potrebbe essere però solo una questione di tempo.

Infine, non bisognerebbe mai dimenticare le conseguenze dei nostri principi etico-legali. Se, per proteggere la dignità delle persone, si rendesse la prostituzione illegale, quanto sarebbero alti i rischi di un incremento dello sfruttamento di un’attività diventata clandestina? D’altra parte, anche la situazione quasi del tutto deregolamentata in un cantone come il nostro non sembra aver diminuito le attività criminali ad essa connesse. Pare quindi imporsi una scelta: o un serio proibizionismo, o un’autentica liberalizzazione morale e sociale (e un relativo controllo sociale). Anche perché non sarà mica del tutto colpa del povero Paolo se la natura, e in seguito i suoi genitori, la scuola e la società nel suo complesso, l’hanno reso così impacciato. Avrà diritto anche lui di andare a letto con i suoi ideali.



prostituzióne s. f. [dal lat. tardo prostitutio -onis, der. di prostituĕre «prostituire»]. – 


1. Il fatto di prostituire, di prostituirsi, spec. come attività abituale e professionale di chi offre prestazioni sessuali a scopo di lucro: p. femminile, maschile; darsi alla p.; indurre, obbligare, istigare alla p.; esercitare la p.; casa di p.; p. minorile; favoreggiamento, sfruttamento della p. (…). Anche, il complesso, l’insieme delle persone che abitualmente si prostituiscono: l’ambiente della p.; i quartieri della città invasi dalla prostituzione. Estens., con riferimento a beni, valori, ideali che non dovrebbero essere oggetto di lucro o interesse: p. della libertà, dell’ingegno, della cultura. 

2. In etnologia e nella storia delle religioni, p. sacra, atto rituale presente nelle cerimonie di culto di molte popolazioni, che si compiva occasionalmente durante la cerimonia o la cui pratica era stabilmente affidata a sacerdotesse, secondo concezioni cosmologiche che attribuivano all’atto sessuale un valore propiziatorio legato al culto della fertilità.
(dal vocabolario online Treccani.it).



Situazione legale in Europa: la prostituzione è attualmente legale e regolamentata dalla legge in paesi quali la Svizzera, l’Austria, la Germania e l’Olanda. La prostituzione non è illegale ma al tempo stesso non è una attività regolamentata, mentre le attività collaterali (gestione di case chiuse, sfruttamento, favoreggiamento) sono illegali, in paesi quali l’Italia, la Francia, la Gran Bretagna, la Danimarca, la Spagna e il Portogallo. La prostituzione è illegale, e le prostitute sono punite dalla legge nei paesi dell’ex-Yugoslavia e in Russia. La prostituzione è illegale, i clienti sono puniti dalla legge ma non lo sono le prostitute, in paesi quali la Svezia, la Norvegia e l’Islanda.



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